Associazione Davide Lajolo Odv

Saggi

12/11/2025

Ospitalità culturale

Di Laurana Lajolo - Asti, Convegno Famiglia domani “Frontiere”, 8 novembre 2025

L’Europa ha avuto per secoli un ruolo culturale egemone nella cultura del mondo occidentale, elaborando sistemi pluralisti di pensiero con la confluenza di culture e tradizioni di altri popoli, a partire dalle politiche dell’Impero romano di annessione di genti e di integrazione di culture e nel Medio Evo con la raggiunta stanzialità dei popoli nomadi. L’incontro dei filosofi e degli scienziati arabi con il mondo cristiano ha aperto alle nuove visioni universali del Rinascimento.

A partire dal Cinquecento, l’Europa coloniale, conquistando altri continenti per sfruttare le risorse economiche e umane, ha imposto con la forza la sua visione del mondo sulle culture indigene, proponendosi come universale, ma attingendo comunque da esse.

Una nuova consapevolezza del mondo senza confini è stata affermata dall’Illuminismo settecentesco con la visione cosmopolita dell’uomo europeo, lo sviluppo del sapere scientifico e la laicizzazione della cultura. All’inizio dell’Ottocento l’idealismo tedesco e il Romanticismo se, da un lato, hanno delineato la concezione dello stato etico, dall’altro, nella propria visione dialettica della storia, hanno alimentato l’aspirazione alla libertà dei popoli.

Il processo di industrializzazione, poi, ha dato vita al sistema capitalistico di produzione e di strutture della società, producendo nel contempo le ideologie socialiste.

A seguito della prima guerra mondiale e la Rivoluzione russa, si sono sperimentati in Europa dittature e totalitarismi, mentre gli Stati Uniti hanno assunto la leadership del modello di democrazia, diffuso attraverso le arti, il cinema, la letteratura. Nel corso del Novecento correnti filosofiche, psicoanalitiche e sociologiche hanno orientato in Europa processi sociali e culturali plurimi, dando centralità all’esperienza della coscienza individuale in relazione alla percezione del mondo esterno.

Dopo la vittoria sul nazifascismo, la politica della guerra fredda ha separato l’Europa in due blocchi militari e politici con la cortina di ferro a dividere il territorio della Germania sconfitta. La distinzione militarizzata dei sistemi politici e sociali ha comportato difficoltà di scambi culturali, ma l’espressività dell’arte, della letteratura, del cinema, seppure con evidenti difficoltà, spesso ha oltrepassato i confini.

Dopo l’orrore dei Lager e le drammatiche conseguenze della bomba atomica si è configurata una diffusa cultura pacifista.

Dalla fine degli anni Sessanta del Novecento, mentre i paesi africani ottenevano la liberazione dal colonialismo, l’Europa ha vissuto attivi fermenti culturali e movimenti politici tesi a trasformare sistemi di pensiero e di comportamenti tradizionali. Il movimento degli studenti ha criticato l’autoritarismo accademico, mentre storici, scienziati e sociologici hanno messo in discussione la presunta obiettività delle discipline. Il Concilio Vaticano II ha modificato la relazione tra il fedele e la Chiesa. Il femminismo ha fatto emergere la soggettività delle donne nel privato e nella società. Si sono costituite le prime organizzazioni ambientaliste. Si sono sviluppate concezioni dei diritti individuali e collettivi e  della non violenza e riforme. L’Europa ha ospitato e miscelato le confluenze di culture, da quella americana a quella indiana a quella cinese.

Alla trasformazione sociale e politica si sono contrapposte organizzazione terroristiche, ma le democrazie hanno superato la prova, mentre il liberismo ha prevalso nell’ambito economico e politico.

L’avvio della globalizzazione, egemonizzata nel mondo occidentale dagli Stati Uniti, accanto allo sfruttamento delle materie prime e dei lavoratori dei paesi ex coloniali, ha attuato anche i tragici esperimenti di esportare la democrazia occidentale con guerre in Paesi dell’Africa e dell’Asia.

I flussi migratori dai Paesi poveri sono l’effetto diretto della globalizzazione. il sistema produttivo dei Paesi ricchi, che sono in forte calo demografico, richiede manodopera, ma le profonde contraddizioni e disuguaglianze sociali sono sfruttate dalla propaganda populista e nazionalista, che alimenta il razzismo e la paura di invasione. I governi, incapaci di gestire le problematiche aperte dalle migrazioni, disconoscono i diritti e la politica dell’accoglienza e stanno imponendo con la forza i rimpatri e la chiusura delle frontiere. In Italia il risultato dell’ultimo referendum sulla cittadinanza è segno preoccupante della crisi diffusa della coscienza democratica e di involuzione culturale.

Risultano determinanti le logiche finanziarie e i modelli di competitività, mentre gli interessi economici confliggono con la situazione ambientale sempre più grave (forse irreversibile, compromettendo le prospettive di vita delle nuove generazioni.

Per l’Unione europea, costituita nel 1993 superando la Comunità Economica Europea fondata nel 1957 da alcuni Paesi del blocco occidentale, non è stato e non è ancora facile il processo politico di coesione sovranazionale. E l’ammissione di governi autocratici non facilita le procedure comunitarie.

Le democrature espropriano le funzioni del Parlamento, che è il luogo del confronto costituzionale tra maggioranza e opposizione.

La democrazia non è un sistema nel quale conta solo il consenso fondativo in una dinamica distorta tra chi ha vinto alle elezioni e chi ha perso, come sembra interpretare il partito maggioritario al governo in Italia, che ha radici in una tradizione politica esclusa dalla Costituzione repubblicana e antifascista.

Le ideologie nazionaliste e sovraniste indeboliscono il funzionamento delle istituzioni democratiche e degli organismi internazionali, riducendo gli spazi di partecipazione e aggravando le disuguaglianze. L’esaltazione dell’individualismo ha notevolmente indebolito la morale pubblica condivisa, producendo un diffuso disagio psicologico e esistenziale e senso di incertezza di futuro. Si intensificano i comportamenti individuali aggressivi e violenti. Ne risulta impoverita la stessa formazione della persona essendo anche l’istituzione scolastica sottoposta a meccanismi aziendali e competitivi.

La società occidentale risulta sempre più immersa in un eterno presente a-storico. mentre è oscurato il ruolo orientativo e interpretativo di coloro che svolgono lavoro intellettuale. E’ svalutata la riflessione filosofica argomentativa e la ricerca storica, indebolendo così due capisaldi di comprensione e di interpretazione della realtà del passato e del presente per saper progettare il futuro.

Il populismo digitale è diventato lo strumento preferenziale di comunicazione interpersonale. Gli utenti dei social hanno l’illusione di avere canali di partecipazione e di libertà, che, in realtà, sono direttamente controllati dagli imprenditori tecnologici e manovrati per fini commerciali e anche per costruire leaderships politiche.

Le logiche algoritmiche e commerciali della rete, favorendo la semplificazione e la polarizzazione, mutano, infatti, le regole delle relazioni private e della democrazia, mentre aumentano in modo preoccupante l’astensionismo e la sfiducia nelle istituzioni. 

Il pensiero neo-reazionario configura una concezione di Stato tecnologico, dove il governo è gestito come un’azienda, il presidente è l’amministratore delegato e i cittadini si devono adattare a strutture di dominio-sottomissione. Modello che Trump intende realizzare, ottenendo la sottomissione anche dei Paesi alleati.

In tale contesto l’Europa ha perso peso politico. L’invasione dell’Ucraina ha dimostrato la debolezza della diplomazia europea e gli Stati hanno deciso di investire negli armamenti della NATO, connotando l’unità europea soprattutto come alleanza militare in preparazione di una possibile guerra contro la Russia. Si consolida, dunque, l’ideologia della guerra nella soluzione dei contrasti internazionali, in aperto contrasto con l’art. 11 della Costituzione italiana.

L’Europa, che oggi è fortemente depotenziata, dovrebbe, invece, riappropriarsi delle sue capacità di sincretismo tra culture. L’emergere di paesi africani, sudamericani e asiatici nell’economia mondiale e sulla scena politica internazionale, anche con proprie presenze culturali, rende, infatti, necessaria e feconda la confluenza di altre componenti attraverso l’incontro con grammatiche morali e logiche diverse dalle nostre, perché nessun singolo paradigma può oggi affrontare efficacemente le sfide globali. Il dialogo con altre tradizioni favorisce il confronto tra soggettività concrete e diverse riguardo a processi decisionali che hanno effetti reali e duraturi, ben oltre i confini geografici o generazionali.

In questa direzione mi pare molto interessante la proposta di “esercizio quotidiano di ospitalità intellettuale”, elaborata dal filosofo Giovanni Scarafile dell’Università del Salento, perché la filosofia e le diverse forme di cultura possano ritrovare rilevanza non in un sistema chiuso di risposte, ma nella pratica aperta di interrogazione, contribuendo a costruire un mondo, dove le differenze non siano minacce, ma risorse per un’umanità più consapevole e solidale. 

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