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I ribelli di Santa Libera - Storia di un'insurrezione partigiana (agosto 1946)

16/02/1995

I ribelli di Santa Libera - Storia di un'insurrezione partigiana (agosto 1946)

Laurana Lajolo

Autore: Laurana Lajolo
Editore: EGA-Edizioni Gruppo Abele
Collana: Contemporanea
Data di pubblicazione: 1995
ISBN: 8876702318
ISBN 13: 9788876702310
Pagine: 160


Il 20 agosto 1946 a S. Libera, frazione di S. Stefano Belbo, su una collina tra Langa e Monferrato, si insedia il comando partigiano di un'insurrezione armata. A piu' di un anno dalla conclusione della guerra di liberazione il governo italiano non solo non ha ancora preso i provvedimenti per il riconoscimento dei diritti dei partigiani e delle famiglie dei caduti, ma ha sollecitamente emanato, il 21 giugno, a firma del Ministro della Giustizia Palmiro Togliatti, l'amnistia per i reati fascisti.
Armando Valpreda, partigiano in una squadra volante in Valle Stura e ora segretario dell'A.N.P.I. di Asti, assume il comando, a capo di un piccolo nucleo, organizzato clandestinamente da qualche mese con l'intento di "fare giustizia" nei confronti dei fascisti, di nuovo in circolazione. A S. Libera ci sono anche Aldo Sappa con il gruppo del Circolo della Torretta di Asti e una trentina di poliziotti ausiliari della Questura, al comando del capitano Carlo Lavagnino, appena sostituito a capo della Polizia ausiliaria di Asti da un ex-ufficiale fascista della Polizia dell'Africa orientale. I giovani partigiani, circa una quarantina, hanno l'appoggio del comandante  garibaldino Giovanni Rocca.

L'insurrezione ha inizio con la sedizione in caserma dei poliziotti per la annunciata sostituzione di Lavagnino nel pomeriggio del 20 agosto. Fin dal giorno successivo sono rese note alla stampa circostanziate rivendicazioni del movimento di rivolta: reinserimento dei partigiani, dei reduci e degli ex-internati nel mondo del lavoro, erogazione delle pensioni alle famiglie dei caduti e il riconoscimento del periodo resistenziale ai fini del servizio militare, risarcimento alle vittime delle rappresaglie nazi-fasciste. Vi sono anche richieste politiche molto precise: abrogazione dell'amnistia, soppressione del partito dell'"Uomo qualunque", messa fuorilegge dei fascisti.

Il coraggio e la determinazione personale dei protagonisti, soprattutto quelli del nucleo di  Armando , la diffusa e spontanea solidarieta' dei partigiani dell'Italia settentrionale e centrale con gli insorti, fanno si' che la ribellione assuma una forte carica eversiva.  

L'Italia diventera' come la Grecia, dove e' in corso una dura repressione delle truppe alleate di occupazione contro una tentata rivoluzione comunista? Si e' alla vigilia di un grande sommovimento popolare nell'Italia del nord?
Le forze conservatrici, denunciando come artefice della protesta il P.C.I., pretendono dal governo un immediato intervento armato.
Ingenti forze di polizia vengono concentrate sul territorio circostante la collina di S. Libera. Il col. Quaranta, comandante della Divisione di Pubblica Sicurezza in Piemonte, lancia l'ultimatum della resa ai ribelli.
Esponenti comunisti e socialisti e prestigiosi comandanti partigiani avviano immediatamente una trattativa con gli insorti, (che si rivela subito molto problematica), per evitare l'esito tragico della manifestazione. Il Vicepresidente del Consiglio Pietro Nenni, che fa le funzioni del Presidente Alcide De Gasperi, impegnato nelle trattative di pace a Parigi, riconosce la fondatezza delle richieste partigiane e si dichiara disponibile a incontrare una delegazione degli insorti.
Il 24 agosto la delegazione e' ricevuta a Roma prima da Nenni e poi da De Gasperi; il governo fa alcune concessioni in merito a provvedimenti normativi, ma non sulla sostanza politica delle
richieste.
La tensione, comunque, si allenta e il 26 agosto i ragazzi di S. Libera rientrano ad Asti, da dove sono partiti una settimana prima, accolti calorosamente dalla popolazione per le vie della citta'.
Dunque, in quella fine di agosto del '46, l'Italia si trova alle soglie di una guerra civile che puo' spaccare il nord partigiano dal sud monarchico e conservatore. In quel caso diventerebbe inevitabile l'intervento americano e verrebbe cancellata la presenza del P.C.I. dalla vita politica. Oppure, estendendosi la lotta armata, potrebbe vincere la rivoluzione?
L'Italia sta attraversando un periodo estremamente difficile della vita politica, economica e sociale della neonata repubblica; in politica estera la sua posizione al tavolo della Conferenza di pace di Parigi e' subalterna agli Alleati, mentre all'interno, dopo la caduta del governo Parri, e' in atto l'involuzione conservatrice con l'evidente emarginazione delle forze innovatrici che hanno guidato la resistenza.
E' giustificata, allora, la ribellione dei giovani partigiani astigiani che si rendono conto che la classe politica si sta allontanando, forse definitivamente, dagli ideali reistenziali?
Il movimento di S. Libera potrebbe avere opportunita' di successo reale, potrebbe dilagare e dare una svolta diversa alla storia del Paese?
Sono domande tutte legittime queste, che scaturiscono dalla ricostruzione dei fatti storici sulla base dei documenti (per lo piu' inediti) e delle testimonianze dei protagonisti. A distanza di quasi cinquant'anni l'insurrezione partigiana risulta un indicatore essenziale di complessi fenomeni politici di quel controverso dopoguerra.

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