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Le donne contadine e la modernizzazione

28/03/2020

Le donne contadine e la modernizzazione

di Laurana Lajolo

La mostra, organizzata dall’Associazione La Bricula, “I Nocc Vegg” Avi di Corticelle - Ritratti fotografici di inizio ‘900 è stato un modo molto efficace per ricordare e raccontare le storie della gente e dell’intera comunità. Ci ha mostrato  i volti compunti ed espressivi delle contadine di una volta e ci ha fatto vedere come sia mutata lungo un secolo l’immagine, e quindi il ruolo, della donna  nella società rurale arcaica. A metà del ‘900 le giovani segnano l’inizio della rottura della tradizione patriarcale  e aspirano alla vita in città insieme a quei tanti giovani contadini che vanno a lavorare alla Fiat.

I visi delle donne dell’inizio del ‘900, pur se con i vestiti della festa e la catenina d’oro ricevuta per il contratto di nozze, sono segnati da quella fatica del lavoro in campagna accanto agli uomini, che si assommava alla cura della famiglia, della casa, degli animali domestici. I piccoli allevamenti come quello dei bachi da seta, delle galline e dei tacchini e la coltivazione dell’orto garantivano l’economia familiare di sussistenza, basata ancora sul baratto.  C’erano lavori nella vigna destinati solo alle donne come il levare i germogli perché le loro mani, nonostante fosse indurite dai lavori, erano più delicate e attente di quelle degli uomini.

Le  donne attendevano ai pranzi delle feste e a cucire il corredo come a rammendare i vestiti da lavoro,  a fare il bucato nelle grandi tinozze, e tanto  altro. Avevano una vita dura, senza diritti riconosciuti, sottomesse all’autorità maschile e non contavano ai fini della proprietà e dell’eredità. La moglie, spesso sposa molto giovane, doveva obbedire e fare figli maschi. La nuora doveva accettare i comandi della suocera e poteva acquisire un posto in famiglia solo quando, a sua volta, diventava la vecchia di casa.

Le cucine erano spoglie di mobili e la minestra di fagioli, alimentazione contadina abituale, bisognava farla cuocere a lungo nel camino o sul fornello a carbone (il putagè), mentre si allattavano i figli e, a volte, anche un venturino preso all’orfanotrofio per aggiungere all’economia di casa anche il sussidio dell’orfano.

In quella condizione di subalternità, le donne  hanno affinato una loro strategia della comunicazione sociale: tenevano le relazioni all’interno della famiglia e con i parenti, partecipavano alla vita della comunità quando andavano al forno a cuocere il pane, a fare il bucato al lavatoio, alla messa e alle processioni e così via. Passavano le notizie e anche i pettegolezzi. Nella civiltà contadina chiusa e patriarcale la donna era strettamente controllata dal punto di vista morale. Di sentimenti non si parlava, nel dialetto mancano le parole per le belle emozioni, ma ci sono solo quelle per la morte e le sofferenze.

Le donne sovrintendevano ai riti della nascita, della cura dei bambini, dei malati e degli anziani. Erano loro le ancelle dei funerali, dalla cerimonia dell’estrema unzione al lavacro del defunto, alla sua vestizione e al funerale. Erano le donne a commissionare l’ex-voto per chiedere la grazia per le tribolazioni di mariti e figli, mai per loro stesse, e questo atto di devozione è anche una rappresentazione figurata di quel modello di vita.

Nuto Revelli ha definito, in un suo libro, le donne contadine  “l’anello forte”, riconoscendole come sostegno essenziale e indispensabile della famiglia e della comunità.

Con l’abbandono della campagna da parte dei giovani negli anni ’50,è  iniziato un cambiamento epocale nella società contadina e la modernizzazione è arrivata anche nei paesi. All’inizio degli anni ’60 i contributi del Piano verde ha permesso di ristrutturare prima la stalla e poi la casa con i servizi all’interno e la donna ha cominciato ad adottare i modelli urbani.

E’ cambiata anche l’educazione dei figli e soprattutto delle figlie. L’istituzione della scuola media obbligatoria (1962) ha aperto le porte degli studi superiori alle ragazze, modificando radicalmente la loro condizione nella famiglia di origine e nel rapporto matrimoniale con nuove prospettive di lavoro.

Come conseguenza della scelta delle giovani di non sposare un contadino sono entrate nel chiuso mondo rurale le spose che arrivavano dal Sud con matrimoni combinati. E’ avvenuta una rivoluzione di mentalità: quelle spose, inizialmente accettate per necessità e con pregiudizio, hanno vivificato la vecchia famiglia patriarcale, accettandone, almeno all’inizio le regole di subalternità, ma conquistandosi via via uno spazio significativo con l’educazione dei figli.  Il Sud e il Nord dell’Italia si sono fusi  nella famiglia, perché quelle spose hanno dimostrato di avere la stessa tempra delle vecchie contadine.

La condizione di soggezione economica delle donne è finita con la legge sul diritto di famiglia (1975), che, tra altri diritti di uguaglianza tra i coniugi, ha stabilito che la moglie partecipa  al patrimonio familiare. Questo provvedimento è stato un incentivo per la donna ad assumere responsabilità nell’azienda, prima come sostituta del marito che lavorava in fabbrica, poi anche come titolare, raccogliendo l’eredità di famiglia.  La donna diventa così un elemento decisivo della trasformazione sociale ed economica della famiglia e della comunità, svolgendo anche incarichi pubblici. Molte sono oggi le sindache nei nostri paesi. 

A distanza di anni sociologi e antropologi sono concordi nell’indicare che le donne sono le  artefici della modernizzazione della vita in campagna a partire dagli anni ’60, tanto che oggi non si avverte più differenza tra centri urbani e centri rurali della condizione della donna.

 

Nell’ambito del programma dell’XI edizione del Festival del paesaggio agrario, dal titolo “Passione per la terra. Memorie e tradizioni contadine: eredità per il futuro”, domenica 13 ottobre a Cortiglione, insieme a me, hanno parlato del lavoro della donna contadina l’antropologo Piercarlo Grimaldi, il sociologo Renato Grimaldi, autori insieme ad altri studiosi di una ricerca sull’argomento del 1980, che è stata l’origine dello sviluppo degli studi antropologici sul ruolo della donna nella società rurale.

 

(Ottobre 2019)